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Torna alla home page... Data Odierna: 29 Marzo 2024   
LA PIÙ DOLCE ALLUCINAZIONE DELL’HINTERWELT, OVVERO LA SEDUZIONE DECLINATA NEL MESSAGGIO COMMERCIALE

Marco Trestini
Laurea Magistrale in Marketing e Comunicazione d’Impresa
conseguita il 9/4/2015

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Un tardo pomeriggio di sbadigli. Canali traboccanti ricevono il volume di altre precipitazioni. Bianche pareti apatiche. D’improvviso, l’uggia viene rotta dallo schiocco di dita di Dree Hemingway che sullo schermo sorride gratificata da distese d’automobili sportive, da una spianata di scarpe dal tacco aguzzo, da sciami d’adulatori. Via via, la “coquine” s’intasa di oggetti in una crescente estasi da società delle vendite, della disponibilità facile, lasciando intravvedere sopra le natiche il suo segreto, ovvero una boccetta dorata a forma di diamante, ben salda sulla mano (il profumo Lady Million di Paco Rabanne). In soli trentatré secondi si ha una perfetta declinazione della psicologia seduttivo-commerciale del nostro Tempo, finiti i quali tutto torna muto, con solo una strana forza che risucchia l’immaginazione. I canali traboccano come prima, le pareti si stagliano lattee, eppure si avverte l’accadere di un microscopico scarto.
Se pensiamo alla seduzione pubblicitaria con superficialità, non possono che balzarci alla mente esempi come questo, di donne maliziose in abiti succinti, oppure ostentazioni di giovani petti maschili depilati. Ma cosa s’intende, profondamente, con seduzione? Trattasi solamente di questo stereotipato ammiccamento di carni femminili e maschili?
La realtà, come spesso accade, è molto più complessa di quanto non si immagini e pure un concetto così usato ed abusato riserva notevoli sorprese. Partendo da una breve ma necessaria analisi etimologica, si scopre che il termine “seduzione” deriva dal latino ed è composto dal prefisso ‘sē’, indicante separazione, allontanamento e dal verbo “dūcere”, significante “condurre, menare”. Con Tertulliano (155 d.C. – 230 d. C.), scrittore romano e apologeta cristiano, per estensione il termine acquista il significato di indirizzare nella direzione sbagliata, avviare al male, ingannare. La svolta si spiega con l’ottica cristiana dello scrittore, magnetizzata dalla distinzione e dal contrasto di bene e di male. Il significato che è arrivato ai giorni nostri non è altro che il risultato delle stratificazioni dei vari secoli nei quali è rimasta una connotazione negativa, uno sviamento fatale, una forza che attrae non necessariamente verso sé, e questo è un aspetto tanto sottile quanto assolutamente rilevante, ma verso un percorso non previsto ed ignoto. Tale forza sfrutta i poderosi muscoli dell’inganno, della lusinga; la seduzione è l’artificio del mondo, come ebbe a dire minuziosamente Jean Baudrillard. La partita si gioca quindi sulla sfera del segno e del rituale, lì dove la seduzione può innescare il suo esiziale scacco che consiste nella reversibilità, ovverosia nell’ assorbimento di una particolare disciplina entro i propri significanti, cancellandone ogni parvenza di senso. È perciò il contrario della distinzione psicoanalitica tra discorso manifesto e discorso latente, perché qui è il superficiale a rovesciarsi sull’ordinamento profondo, per annullarlo e sostituirgli la fascinazione e l’illusione delle apparenze. Apparenze che si fanno sede di gioco e di posta in gioco, gusto di quella deviazione che l’interpretazione distrugge sistematicamente nella sua ricerca del senso nascosto. Per questo la interpretazione si dovrebbe considerare come l’opposto naturale della seduzione. Secondo Baudrillard la ricerca del senso nascosto e la conseguente sfida con le apparenze seduttrici è un confronto impossibile, destinata al fallimento in quanto ogni discorso è abbandonato alla sua propria apparenza e dunque allo scacco della seduzione. Questa tesi è senz’altro condivisibile, e si potrebbe ulteriormente sostenere che ogni discorso è anche segretamente tentato da questo destino di distruzione, basti pensare all’auto-seduzione ed alla seduzione primitiva del linguaggio.
Ogni ortodossia, ogni sistema di produzione, di interpretazione ben consci della potenziale pericolosità di questo virus esterno, l’ hanno esclusa, respinta, costringendola ad una quarantena ma simultaneamente permettendole di aleggiare e rinvigorirsi.
Ma quello odierno è solamente uno spettro di seduzione, un lubrificante usato per far funzionare meglio gli ingranaggi del consumo. È chiaramente avvenuta non solo una banalizzazione del concetto, ma anche un suo snaturamento profondo che lo porta a non implicare più un rovesciamento di uno o più sistemi di segni, bensì un congegno funzionale agli stessi. Per capire questa modificazione, esaurita l’ analisi etimologica, sarebbe necessario tracciare un percorso storico della seduzione, dove essa, nella società e nelle arti, ha cambiato progressivamente volto in funzione di quello che costituiva il pensiero dominante. La svolta decisiva verso la seduzione attuale, però, la si può far coincidere con la nascita del cinema e delle sue prime star. Esse hanno infatti avuto la funzione di spianare la strada alla società delle immagini ed alla seduzione “fredda”, opposta a quella “calda” dei secoli precedenti; fredda perché si trova nell’intersezione tra il medium freddo delle masse ed il medium freddo dell’immagine.
Le grandi seduttrici o le grandi star non brillano mai per il loro talento o per la loro intelligenza; brillano invece per la loro assenza. Brillano per la loro nullità e freddezza, metaforizzano l’immenso processo glaciale che si è impadronito del contemporaneo senso, incastrato nei reticoli di luce intermittente di segni e di immagini, ma al tempo stesso, in un momento preciso di questa storia , e in una congiuntura che non si riprodurrà più, esse lo trasfigurano in effetto di seduzione. Lo splendore del cinema è sempre stato legato a questa seduzione pura, a questa vibrazione pura del nonsenso, vibrazione calda tanto più bella perché veniva dal freddo.
In questo contesto comincia la ramificazione inarrestabile della persuasione pubblicitaria, che abbraccia ormai anche la seduzione, la quale diventa un suo prolungamento quasi naturale al servizio di un’immagine, come quella filmica, che è reale e irreale, o irraggiungibile, al tempo stesso. Dei fantasmi e dei feticci del cinema, assai meno peregrinamente rispetto a quelli della scultura, ci si può innamorare, ed e ciò che succede a folle di uomini con le dive e a deliranti folle di donne per i divi, arrivate addirittura a suicidarsi in seguito alla prematura scomparsa di Rodolfo Valentino. È come se tintinnasse un campanellino, un campanellino che conduce a stanze finora ignote e di una vastità incommensurabile. “Il cinema è l’arma più forte”, sentenzia Mussolini; e la massa anonima che sbanda allo sguardo dei divini attori, sui quali probabilmente proietta se stessa ed i propri convogli di sogni, sembra confermarlo. Un’arma al servizio della propaganda, ora, e del con-sumo, poi. In altre parole, un ordigno a servizio del potere dominante pronto ad evolvere in molteplici forme.
Ed il cinema è solo il primo passo di quella che si potrebbe definire non a torto la “rivoluzione dei mezzi di comunicazione”. Essi non hanno, per così dire, creato nulla, ma hanno stanato ed esploso tutta una serie di bisogni umani latenti, bisogni veri; non da ultimo il bisogno di seduzione che, in scarsità di rapporti umani, si accartoccia in auto-seduzione (pensiamo al fenomeno del “selfie”). Ora siamo infatti al punto in cui non basta più la proiezione nel divo, ora ognuno vuole essere (meglio dire “sentirsi”) protagonista nel ballo cheek to cheek con il consumo e percepisce la necessità innanzitutto di “conquistare deviando” se stesso. Auto-seduzione e poi auto-promozione: l’uomo-brand è ora pronto per tuffarsi nello spietato mondo del mercato, pagando il dazio di diventare vuoto.
In altre parole, i mezzi di comunicazione rivoluzionari, inseriti in una neonata società di massa, come la radio (fine Ottocento), la televisione (dal 1925 in poi), il web (dal 1960) svolgono il cruciale compito di “propaganda del Consumo”, fino a definire un nuovo tipo di società: la società del consumo. O società delle vendite, perché ciò che conta veramente non è tanto il consumo privato che il consumatore esercita al di fuori del non-luogo di vendita, quanto la stessa vendita. Nella vendita si trova il motore rombante di tutto. Ciò implica un cambiamento radicale e repentino anche nell’idea di seduzione dominante che, per viaggiare sui canali dei mass-media, si fa più piatta, leggera e banale.
Tutto ciò fino ad arrivare ad una fase successiva, dove questi mezzi comunicanti sono principalmente mezzi di “recupero dati” sui consumatori, dati poi venduti alle grandi aziende multinazionali e non; la TV vende le persone che la guardano, come sostiene il professor Domenico Secondulfo, e la seduzione commerciale è il mezzo per arrivarvi, è la pinza tramite la quale sfilare informazioni.
In definitiva, la comunicazione pubblicitaria moderna funziona come una sorta di sfera magica che suggerisce al consumatore quel che egli vuol sentirsi suggerire, come una voce ultraterrena che, “spiato il diario” di ogni potenziale cliente (indicativa è l’espressione che si trova in moltissimi siti di e-commerce per indicare quei prodotti/servizi opzionati dal cliente: “lista dei desideri”) , può informarlo che l’azienda X ha proprio il prodotto che fa al caso suo. Evidente è lo scarto rispetto al passato: non più una comunicazione verticale che impone al cliente un prodotto di massa, ma primariamente un ascolto finissimo delle esigenze dei clienti e conseguentemente una produzione “cucita su misura”; il tutto, ovviamente, tenendo ben presenti le condizioni di equilibrio dell’impresa (quindi si tende a personalizzare tutto ciò che si vede ed a omologare tutto ciò che non si vede, anche attraverso collaborazioni con i competitor stessi). La comunicazione ora viaggia orizzontalmente e l’azienda è un partner, un amico che, memorizzate bene le nostre esigenze, consola, entusiasma, propone soluzioni specifiche.In altre parole, seduce.
E seduce agendo nel “retromondo” nietzschiano, l’Hinterwelt, del consumatore, ovvero un luogo della mente in cui si perde l’aggancio con il vero e con il falso, un luogo in cui, per dirla con altri termini, il soggetto è scoperto,indifeso. Proprio qui può partire il processo di seduzione al consumatore postmoderno, un soggetto senz’altro più esigente, più competente, più selettivo rispetto al passato, ma al tempo stesso più solo e sensibile al ludico, e comunicatore attraverso la sua azione di acquisto/consumo.
Si stabilisce in questo modo una relazione pressoché amorosa tra marca prediletta (“love brand” - marca del cuore) e consumatore, relazione commerciale ma assolutamente sovrapponibile a quella affettiva delle relazioni umane, come si evince chiaramente dalla tabella seguente:




LE RAGIONI DI LAVORO DEI DIPENDENTI









Questo fatto non deve stupire, ma anzi è assolutamente in linea con un modello di società che ha fatto prevalere la seduzione fredda su quella calda, che ha posto l’oggetto-merce sullo stesso piano dell’uomo (se non superiore). Il mercato, infatti, dovendosi adattare alla forma-relazione per assicurarsi una fedeltà alla marca (brand loyalty) e di conseguenza delle vendite sempre più difficili da realizzare in economie mature, ha mutuato dalle relazioni sociali umane tutto un collaudato sistema di ritualità e di meccanismi per funzionare più efficacemente.
Questa è la società in cui viviamo oggi, ed il futuro potrà assomigliare davvero ad uno di quegli strampalati film di fantascienza dove i robot prendono il controllo; da merce dialogante a merce imperante (grazie alle sempre più sofisticate intelligenze artificiali) il passo è breve. Si concluderebbe così il percorso di un uomo che prima ha sedotto i suoi simili, poi si è lasciato sedurre da un linguaggio commerciale da lui stesso generato ed infine, all’apice di una allucinazione da sviamento (se-ducere), si disintegra in mille brandelli -mentre la seduzione, constatata la propria vittoria, sarà già altrove a progettarne di nuove. Allora sì che si dovrebbe necessariamente ricorrere alla definitiva risoluzione suggerita in un saggio (“La vita è come un dente”) del 1950 da Boris Vian: “Un ultimo consiglio: non vi tormentate. Quando il mondo sarà pieno di robot, cosa ci sarà di più facile che inventarne uno strutturalmente dotato di odio verso la sua specie. Allora, noi tutti, trasformati in Neroni dalle bianche mani, suoneremo la lira con un bastoncino e una scatola di conserva guardando ai nostri piedi gli hangar in fiamme in cui i robot si torceranno nella brace, come delle formiche presuntuose, agli accordi maestosi di una canzone composta da un giocoliere prodigio di anni due, allevato fra le zampe di una tigre, al riparo da questo mondo civilizzato.”



 Marco Trestini


Marco Trestini