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LA DIFFUSIONE DEL MODELLO DI SVILUPPO ASIATICO: NUOVE PROSPETTIVE PER IL VIETNAM

di Elisabetta Longo
Articolo segnalato nell’edizione 2018 del concorso "Scrivi un articolo tratto dalla tua tesi"
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Titolo tesi: From Japan to Vietnam: the Spread of the East Asian Development Model
Materia: Local Economic Development
Relatore: Prof. Carlo Federico Perali
Corso di Laurea magistrale in Economics
Data di laurea: 12 Settembre 2017
Votazione finale: 110/110 e lode

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Nella seconda metà del secolo scorso, un gruppo di paesi estremamente poveri iniziò a sperimentare una crescita economica sostenuta che si diffuse rapidamente in tutta l’area asiatica. Il paese che per primo iniziò a manifestare una crescita miracolosa fu il Giappone, seguito dalla Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong e Singapore. Fino agli anni ‘50, gli ultimi quattro erano tra i più poveri al mondo. Tuttavia, in pochi decenni, dalla fine degli anni ’50 e fino agli anni ’90, riuscirono a scalare la classifica dei paesi ricchi, trasformando le proprie economie. Secondo la definizione della Banca Mondiale (si vedano i numerosi “World Development Report” della Banca Mondiale dal 1978 in avanti), essi si trasformarono, rapidamente e in successione, da paesi a basso reddito a paesi a medio reddito e da paesi a medio reddito a paesi ad elevato reddito. Fu un progresso economico che, per rapidità ed intensità, non era mai avvenuto prima. Il fenomeno si manifestò con tale vigore che questi paesi vennero chiamati “Le tigri asiatiche”.

Uno dei report più famosi e discussi della Banca Mondiale che trattano quest’esperienza fu pubblicato con il titolo “the Asian miracle” (Il miracolo Asiatico). Un miracolo, generalmente, è inteso come un evento inatteso. Esso accade raramente e, in apparenza, per ragioni inspiegabili. La scienza ne può osservare l’esistenza, ma difficilmente ne può spiegare le cause. Questo non è però accaduto con il “miracolo asiatico”. Molti economisti tentarono di darvi una spiegazione, alcuni attraverso le teorie della crescita, altri attraverso le teorie dello sviluppo. Le prime, più formalizzate dal punto di vista matematico, hanno aperto il dibattito su quale fosse il fattore determinante che potesse spiegare una simile performance di paesi apparentemente arretrati. Alcuni studiosi, come Young, sostennero che l’accumulazione del capitale potesse spiegare quasi interamente la crescita economica per le cinque tigri. Altri accademici negarono questa visione, attribuendo al cambiamento tecnologico il merito di tale fenomeno.

Le teorie dello sviluppo, meno formalizzate dal punto di vista matematico, hanno individuato altri fattori, più istituzionali, che ben spiegano quali siano stati gli elementi determinanti per la crescita miracolosa. Uno di questi fu la forte presenza del governo negli affari economici.
Date queste premesse, si potrebbero definire due domande di ricerca:
1. Esiste un modello economico asiatico di crescita o l’esperienza delle tigri è frutto di un accidente storico?
2. Se un tale modello esiste, il caso del Vietnam può essere assimilato a quello delle tigri?
Il Vietnam è infatti ricordato per la cruenta guerra avvenuta nella metà degli anni ’60 del secolo scorso. Se il famoso lavoro di Gunnar Myrdal, “Asian Drama” (Il dramma asiatico, 1968) fosse stato scritto pochi anni dopo, l’autore avrebbe senza dubbio incluso il paese tra i protagonisti. Tuttavia, il Vietnam è profondamente cambiato da allora. Oggi è diventato infatti un interessante oggetto di studio per economisti, uomini d’affari, politici, giornalisti e studenti. Dunque com’è cambiata oggi un’economia che un tempo era ricordata per la povertà che causò il fenomeno dei “boat people” (immigrati clandestini)? Diventerà una nuova tigre asiatica?

Per rispondere a queste domande, è stato possibile ricorrere ad un modello elaborato alla fine degli anni ’80 da Paul W. Kuznets, figlio del celebre premio Nobel, Simon Kuznets. Tale modello rientra nella categoria delle teorie dello sviluppo. Per spiegare la crescita asiatica miracolosa, Kuznets identificò cinque fattori impattanti sulla crescita economica e che furono comuni per tutte le tigri. Essi sono:
• Rapporto tra tasso d’investimenti e PIL elevato,
• Dimensione ridotta del settore pubblico,
• Forte orientamento all’export,
• Competitività del mercato del lavoro,
• Forte presenza del governo negli affari economici.
Testare questo modello, poco formalizzato dal punto di vista matematico, non è stato l’obiettivo dell’analisi; tuttavia, è stato possibile prendere ispirazione da esso per studiare il caso del Vietnam, in relazione all’esperienza delle tigri. Per farlo, sono state considerate alcune variabili – riassunte nella tabella 1 - che ben rappresentano ciascuna dimensione utilizzata nel modello stesso.




Tabella 1: Dimensioni del modello di Kuznets e Indicatori utilizzati nell’analisi





Fonte: nostra elaborazione




La loro significatività è stata testata singolarmente attraverso test statistici d’ipotesi, utili a verificare che le performance delle tigri fossero statisticamente diverse rispetto a quelle del resto del mondo tra il 1960 e il 1995 (gli anni dello sviluppo).

In particolare, per quanto riguarda gli investimenti, l’intervento governativo e la competitività del mercato del lavoro, le tigri si distinsero dal resto del mondo nei trentacinque anni di crescita rapida. Considerando invece i soli cinque paesi in oggetto, dai dati, si può concludere che le tigri asiatiche non solo si comportarono in modo tra loro uniforme, per quanto riguarda il tasso di crescita del Pil pro-capite, ma adottarono la stessa strategia anche tenendo conto delle altre dimensioni. Una tale uniformità di comportamento non avvenne esattamente nello stesso momento in ogni paese, piuttosto avvenne in periodi differenti, all’inizio di ogni percorso di sviluppo all’interno dei trentacinque anni considerati. I paesi che si svilupparono prima, manifestarono i sintomi dello sviluppo all’inizio di questo periodo temporale; i paesi che si svilupparono dopo, li mostrarono verso la fine degli anni ’80. Ciò che è significativo è che tutti esibirono performance rilevanti nelle dimensioni tracciate da Kuznets, nel periodo in analisi. L’esperienza di crescita asiatica ha mostrato dunque una sorprendente regolarità di comportamento tra i suoi protagonisti, ma questo schema strategico condiviso sembra unico, per certi versi, se viene confrontato con altri paesi del mondo.

Allo stesso modo, per rispondere alla seconda domanda relativa al Vietnam, la metodologia adottata è piuttosto simile. L’obiettivo è stato verificare se il Vietnam avesse mostrato un comportamento conforme a quello delle tigri e, allo stesso tempo, differente rispetto a quello del resto del mondo. Attraverso opportuni test d’ipotesi, si è potuto notare che tutte le variabili hanno conseguito risultati che sono statisticamente non dissimili da quelle delle tigri asiatiche. Anche in questo caso, gli stessi risultati differiscono da quelli del campione di paesi facenti parte del resto del mondo, tigri asiatiche escluse. L’unica grande eccezione è rappresentata dalla variabile relativa agli elevati tassi d’investimento, per la quale c’è tuttavia una spiegazione.

Gli investimenti interni sono solo una piccola parte degli investimenti totali nel paese, essendo questi ultimi pesantemente influenzati dal livello di investimenti diretti esteri. Il peso di questi è considerevolmente più elevato rispetto ai livelli osservati in Giappone e in Corea del Sud nel 1970 e nel 1980. I soli investimenti diretti esteri in Vietnam, nel 2015, ammontavano al 20% del PIL. Sommando tale valore a quello degli investimenti interni si arriva ad un ammontare di circa 40%, tipico delle tigri asiatiche.

I test condotti dimostrano pertanto che non c’è una sufficiente evidenza per respingere l’ipotesi che il Vietnam sia una nuova tigre asiatica, che potenzialmente sarà in grado di sperimentare una fase di sviluppo simile a quella delle tigri asiatiche. Il tempo potrà confermare quest’ipotesi.

Nonostante questi aspetti significativi, il Vietnam ha delle peculiarità – come tutte le altre tigri asiatiche – che rendono la sua esperienza unica, sia a livello istituzionale che economico e, in parte, non prevedibile. Dal punto di vista istituzionale, il Vietnam è l’unico paese che, prima dello sviluppo, era politicamente ed economicamente diviso. Inoltre, dopo la riunificazione avvenuta nel 1974, si trovava all’interno di un regime che bandiva l’economia di mercato. Come per la Cina, comunque, il modello di crescita asiatico è stato sufficientemente flessibile per adattarsi ad iniziali divergenze economiche e politiche.

Per quanto riguarda le condizioni economiche, l’effetto contagio da parte delle altre tigri non può essere trascurato. In Vietnam, la fonte maggiore di entrate di investimenti diretti esteri proviene da Singapore, Hong Kong, Taiwan, dal Giappone e dalla Corea del Sud, mentre la Cina, il Giappone e la Corea del Sud, considerate insieme, ricevono gran parte dell’export Vietnamita. Da ciò, è spontaneo sospettare, con un velo di ottimismo, che nella regione si sia instaurato un circolo virtuoso orientato allo sviluppo.

Considerando altri legami tra l’esperienza del Vietnam e delle tigri asiatiche, ci si potrebbe chiedere dove si trovi la Cina in questo contesto. Se quest’ultima sta effettivamente imitando il modello di sviluppo asiatico, essa può vantare ben un decennio di vantaggio rispetto al Vietnam, che ha iniziato le riforme nel 1986. Il grafico sottostante permette di notare le somiglianze impressionanti tra le due esperienze. Le due curve del tasso di crescita, infatti, si sovrappongono, con un ritardo temporale di dieci anni.




Figura 1. Confronto tra PIL pro-capite della China (1978-2014) e del Vietnam dieci anni dopo (1988-2014) (valori a prezzi costanti espresso in Dollari statunitensi 2011)





Fonte: Nostra elaborazione dai dati della Penn World Table, versione 9, PWT @2016




Pertanto, ulteriori effetti contagio potrebbero ancora verificarsi nella regione, che è diventata un habitat recettivo per più di una potenziale tigre asiatica.







Elisabetta Longo