torna alla home page di Alvec

Torna alla home page... Data Odierna: 20 Aprile 2024   
IL RUOLO DELLO SPORT STORYTELLING NELLE PUBBLICITÀ. LA CAMPAGNA “THANK YOU, MOM” DI P&G PER LE OLIMPIADI DI RIO 2016.

____________________________________________________________________________________________

Elisa Savietto
Laurea Magistrale in Marketing e Comunicazione d’impresa
Votazione: 94/110
Relatore: Prof.ssa Paola Castellani
Data di laurea: 9/09/2020
_____________________________________________________________________________________________

È il 2016, mancano 100 giorni alle Olimpiadi che quest’anno si terranno a Rio, in Brasile. Il mondo intero è incollato alla televisione, incantato da un nuovo spot lanciato dalla P&G. La musica e le immagini riescono con qualche strana magia a catturare l’attenzione: per un attimo, la tazza di tè rimane a mezz’aria, il boccone attende prima di arrivare alla bocca, gli occhi si alzano dalle storie Instagram; quella melodia in sottofondo, quelle precise parole fermano il tempo e catapultano ognuno nella storia che viene raccontata in quella pubblicità.
Il segreto? Lo storytelling. Ecco la chiave che ha permesso a P&G di creare una delle pubblicità più toccanti mai realizzate prima. L’azienda non è nuova a questo tipo di pubblicità; già nel 2012, in occasione delle Olimpiadi di Londra, manda in onda un vero e proprio capolavoro: una pubblicità dedicata alle madri degli atleti che vuole mostrare come queste siano fondamentali per il successo dei loro figli. Da qui comincia la campagna “Thank you, Mom” con l’obiettivo di mantenere lo stesso filo conduttore da questo momento fino a Tokyo 2020 (ora 2021). Forse, sarebbe risultato un po’ difficile pensare che un altro spot che seguiva la stessa linea di quello del 2012, potesse ottenere altrettanto successo. Eppure, 4 anni dopo, per le Olimpiadi di Rio, P&G riesce a crearne uno nuovo, toccando nuovi aspetti che caratterizzano il rapporto tra madri e atleti.
Nella pubblicità di Rio 2016, intitolata “Strong”, viene mostrata la vita di quattro atleti e la loro corsa verso i Giochi Olimpici. L’inizio è abbastanza drammatico: si vedono bambini spaventati da uragani, incidenti stradali, coinvolti in atti di bullismo o bloccati in ascensore ma che trovano supporto nelle loro madri presenti al loro fianco. Queste scene sono intervallate dalle performance degli stessi bambini in vesti di atleti adulti, che competono alle Olimpiadi, di nuovo accompagnati e supportati dalle loro madri. Lo spot si conclude con la frase “la tua forza, la mia forza. Grazie di cuore, Mamma”.
“Strong” vuole mettere in luce il coraggio quotidiano di una mamma che fa eco nei momenti critici della vita di un figlio. In questi due minuti di video, P&G riesce a commuovere il pubblico e lo fa grazie allo storytelling e allo sport, mostrando, ancora una volta, l’importanza che il brand attribuisce alle madri, principale target dei prodotti dell’azienda.
La tecnica scelta, lo storytelling appunto, nasce negli anni ’90 quando Steve Denning, ex dirigente della Banca Mondiale, si accorge che raccontando una semplice storia durante uno dei suoi discorsi, riesce a catturare l’attenzione del pubblico. Da lì in poi fare storytelling diventa la moda. Ma allora, basta raccontare per avere degli ascoltatori? In realtà, il concetto di storytelling è molto più ampio: è necessario studiare come costruire una storia capendo il fine a cui si vuole arrivare, il target a cui ci si riferisce, cosa si vuole trasmettere; si deve presentare qualcosa che valga la pena raccontare, che coinvolga, che lasci un messaggio.
A livello di studi, c’è un motivo per cui scegliere lo storytelling: 5 persone su 100 ricordano una statistica, mentre 63 su 100 ricordano una storia. In un articolo del 2010 pubblicato sul The Journal of Neuroscience, il ricercatore dell’Università di Princeton, Uri Hasson, ha fornito i risultati di uno studio sul potere della storia, attraverso la risonanza magnetica funzionale. Si è accorto che nel raccontare una storia, il cervello mostra sia nell’oratore che nell’interlocutore alti livelli di attività esattamente nelle stesse aree. A livello neurochimico è stato scoperto, inoltre, che vengono attivati due ormoni: l’ossitocina e la dopamina. Riguardo l’ossitocina, per dimostrarvi le sensazioni che fa provare, vi lascio un esempio tratto dalla pubblicità della Toyota intitolata “The Unbreakable” pensata in occasione di Tokyo 2020. La campagna pubblicitaria ha come protagonisti atleti conosciuti che hanno dovuto far fronte a grandi difficoltà nel loro percorso sportivo; tra questi Vanessa Ferrari, campionessa mondiale di ginnastica artistica nel 2006 che si racconta così:
“Avevo 5 anni circa e vidi una ginnasta fare un esercizio alla trave. Quel giorno ho semplicemente capito cosa volevo fare nella vita. A 9 anni ho cominciato ad allenarmi due volte al giorno, tutti i giorni, e a scuola andavo la sera. (..) Ho avuto 5 infortuni seri, il più grave nel 2017: mi sono rotta il tendine d’Achille. Non so descrivere la sensazione che ho provato in quel momento (..) non era una gara qualunque: era la finale dei mondiali. Più che la gamba mi faceva male il cuore.”
A questo punto si è innescata l’ossitocina, l’ormone che ci fa sentire più umani. Questo succede ogni qual volta che ci sentiamo coinvolti in qualcosa, che ci immedesimiamo con le emozioni della storia che ascoltiamo o leggiamo; entra in gioco l’empatia, ovvero la capacità di sperimentare le emozioni degli altri.
La dopamina, invece, si attiva quando leggiamo la trama di un libro, curiosi di sapere cosa potrebbe succede e come finirà la storia. Le storie si attaccano alla memoria grazie alle emozioni che risvegliano e lo storytelling è particolarmente vantaggioso a livello comunicativo per le aziende perché è stato scoperto che, proprio commovendo, i consumatori diventano meno critici rispetto a un prodotto perché in qualche modo ci si lega ad esso.
C’è un altro fattore molto importante nella campagna di P&G: lo sport; tematica sicuramente legata al contesto Giochi Olimpici ma che in generale si presta bene a livello pubblicitario, riuscendo a coinvolgere gli ascoltatori non solo per quanto riguarda prodotti strettamente sportivi ma anche per prodotti generici. Lo sport marketing, infatti, è un campo che non si limita alla vendita di biglietti per eventi, ma spazia fino a pubblicizzare prodotti che hanno poco a che fare con lo sport ma che vengono inseriti in contesti sportivi. La caratteristica fondamentale dello sport è il fatto che conserva l’immagine di un’attività altamente formativa che porta con sé valori quali la lealtà, il fair play e il gioco di squadra, l’impegno e il sacrifico, un qualcosa che forma la persona e la aiuta dal punto di vista fisico, psicologico, emotivo e sociale. Lo sport riesce a creare passione, ad unire la gente, e nel marketing riesce a creare un legame più forte con i consumatori rispetto al marketing di altri prodotti e servizi.
Nel caso di P&G, l’azienda ha saputo realizzare una narrazione visiva in grado di emozionare e lo sport si è dimostrato un ottimo alleato per coinvolgere il pubblico.
Nel video troviamo infatti tutti gli elementi che fanno sì che una “semplice storia” diventi uno storytelling di successo. Lo scopo della comunicazione è chiaro, ovvero la vicinanza e la gratitudine di P&G; il target, le mamme, è stato ben definito e analizzato, riconoscendo l’interesse verso i figli e i loro successi, e la preoccupazione delle sconfitte. L’elemento base dello storytelling, la storia appunto, è costruita in un luogo e tempo definiti, i Giochi Olimpici del 2016 e per creare “pathos”, è stata arricchita con ricchi dettagli narrativi tra cui, in particolare, la colonna sonora, che riesce a far riaffiorare desideri e paure. La struttura narrativa che segue la pubblicità in esame è quella classica in cui prima c’è il fallimento e poi si arriva alla soluzione finale con il successo. La conclusione reitera lo scopo: grazie alle mamme a nome di P&G.
Uno spot che, coerente a tutta la campagna “Thank you, Mom” richiama i valori di stampo universale, mostrando il lato umano della disciplina sportiva attraverso immagini di quotidianità in cui il consumatore si rispecchia spontaneamente. È stata necessaria una storia in linea con quello che il brand voleva comunicare, un racconto autentico, studiato e che riuscisse ad arrivare al cuore delle persone.
A monte della realizzazione del video “Strong”, sono state fatte interviste a 14'000 mamme di tutto il mondo per riuscire a creare una campagna che seguisse il vero e spontaneo percorso di quattro mamme e dei loro figli, mostrando i momenti in cui la forza di una madre fa una grande differenza.
La scelta della tecnica comunicativa dello storytelling rispecchia, inoltre, la volontà di cambiamento di P&G: infatti, le campagne P&G solitamente si basavano su una comunicazione incentrata al singolo marchio (ad esempio, una specifica per Duracell, una specifica per Dash, …) in modo da proporre il valore del singolo prodotto mostrando “la promessa implicita di qualità che il cliente si aspetta dal prodotto”, mentre ora, quello che vuole trasmettere è una comunicazione ad ombrello che parte proprio dal marchio “leader” P&G e che ingloba quindi tutti i brand che la multinazionale detiene. La scelta di P&G è appunto quella di creare prodotti che “migliorano le vite dei consumatori del mondo, ora e per le generazioni future”, una strategia che punta a differenziarsi e ad affermare il suo carattere stabile tra i consumatori.
P&G ha saputo legare le due tecniche, storytelling e sport marketing, in modo tale da coinvolgere il consumatore e farlo emozionare, coniugando l’aspetto aziendale a ciò che riguardava i Giochi (lo sport), focalizzando l’attenzione su ciò che ogni atleta ha e su coloro che utilizzano i prodotti P&G: le mamme.





Elisa Savietto