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Torna alla home page... Data Odierna: 29 Marzo 2024   
L'etica nelle scelte di prezzo

Gianluca Viroli
nato a Bologna il 17 Febbraio 1970
residente in Via Roma, 15;
37060 Lugagnano; Verona
tel.: 045 984086
e-mail : g.viroli@tiscali.it

Articolo premiato nell'edizione 2005 del concorso "Scrivi un articolo tratto dalla tua tesi.

Titolo Tesi:
L’etica nelle scelte di prezzo
Relatore: Prof.ssa ELENA GIARETTA
Votazione: 94/110
























L’ETICA NELLE SCELTE DI PREZZO

Etica e marketing: connubio possibile?
Io partirei subito con la risposta, del tutto personale, che intendo dare al quesito.
Il connubio è senz’altro possibile. Anzi potrebbe addirittura, almeno per il momento, essere strumento di competitività e diversificazione rispetto alla concorrenza.
A ben vedere, sostenere un orientamento etico del marketing significa recuperare l’essenza stessa del concetto di marketing, negli ultimi anni forse un po’ messa da parte, e cioè quella di un’attività tesa al soddisfacimento morale e materiale del consumatore.
Ecco perché le finalità umanistico-sociali dell’etica possono benissimo andare a braccetto con i valori più materiali del marketing.
Come spesso accade comunque, anche in questo caso, il realizzarsi di programmi che rispettino bisogni, preferenze e vantaggi per i cittadini-consumatori dipende, in gran parte, dalla volontà di adesione a questo tipo di “progetto” da parte dell’ambiente imprenditoriale.
L’atto del consumo si fa sempre più critico e quindi il marketing deve ravvedersi, aggiornarsi ed adottare nuove strategie. Non servono (solo) più cacciatori con il compito di scovare clienti per il loro prodotto, ma servono anche giardinieri che si prendano cura dei clienti e li facciano crescere soddisfacendo al meglio le loro aspettative.

Le tattiche di prezzo
Di primo impatto potrebbe non sembrare, ma soffermandosi più attentamente si riesce facilmente a comprendere quanta importanza rivesta il ruolo del prezzo al
momento dell’acquisto di un qualsiasi prodotto o servizio.
Il prezzo è tutto. E’ indice di convenienza, di qualità, di garanzia, di prestazione.
Gli addetti ai lavori lo sanno molto bene e cercano di utilizzare il prezzo dei prodotti come strumento tattico per invogliare l’acquisto.
Per far percepire il prodotto più conveniente ecco l’utilizzo dei cosiddetti “prezzi psicologici” ovvero prezzi dispari. Ormai il consumatore è quasi naturalmente abituato ad essere circondato da prezzi terminanti con i numeri 9, 90 o 99. Nel comparto degli elettrodomestici una mia ricerca ha evidenziato che la percentuale dei prezzi psicologici può raggiungere il 95%.
Altro strumento molto usato è quello del prezzo civetta, che l’esercizio commerciale applica per uno o più prodotti molto richiesti e noti, consistente in un ribasso di prezzo, alcune volte anche sottocosto, con il fine di attirare i consumatori non tanto ad acquistare il prodotto, quanto piuttosto a “fare la spesa” nel medesimo punto vendita. Anche alcune tipologie di sconto assumono la medesima funzione.
Ecco perché, a mio modo di vedere, risulta importante evidenziare l’eccesso di alcuni comportamenti non propriamente etici delle imprese riguardanti la formazione e le decisioni di prezzo che inducono l’ignaro consumatore a decisioni di acquisto non sempre ragionate e razionali.

I consumatori
I consumatori sono o stanno diventando più maturi, più competenti, più esigenti e critici. L’acquirente moderno è un utente pragmatico e più oculato rispetto al passato, che ha sviluppato a tutti i livelli di reddito, anche i più alti, una maggiore sensibilità al prezzo. E non solo nella direzione dello spendere meno, ma soprattutto dello spendere bene.
Inoltre, accanto al cliente tradizionale, come detto più attento ai propri acquisti, si va delineando un ulteriore tipo di consumatore, sicuramente ancora minoritario, ma che non ha più le caratteristiche di nicchia, divenuto consapevole che l’acquisto e il consumo non esauriscono i rapporti con la marca, ma rappresentano due momenti di un processo ben più ampio e complesso. Questo nuovo utente non si accontenta solo del semplice rapporto qualità/prezzo, ma vuole sapere, per esempio, come quel bene sia stato realizzato e se nel corso della sua produzione l'impresa abbia violato, in tutto o in parte, i diritti fondamentali dei lavoratori. Recenti ricerche di mercato hanno evidenziato che alcuni consumatori sarebbero disposti a pagare addirittura un prezzo leggermente più elevato (premium price) per i beni che acquistano, se avessero la certezza ed adeguate garanzie che questi ultimi fossero prodotti da imprese sottoposte alla certificazione sociale.
Volendo riassumere brevemente le richieste del cliente moderno si può affermare che, in primis, è alla ricerca di un miglioramento sistematico del rapporto prezzo/qualità in modo da aver garantito un benessere sempre crescente.
Ritiene inoltre necessaria una comunicazione informativa, relativa ai prodotti ed ai servizi, completa e credibile, fondata su elementi chiari ed oggettivi sempre più comparabili con quelli relativi ad offerte concorrenti.
È altresì richiesta una trasparenza contrattuale che consenta di valutare tutti gli elementi essenziali dell'offerta senza, per esempio, clausole vessatorie o abusive. Infine, come già accennato, sta diventando sempre più importante una produzione certificata che garantisca l'integrità dei prodotti e che non sia ottenuta mediante l'elusione della normativa vigente in tema di lavoro e ambiente.

Le imprese
Il prezzo dei prodotti non solo assume un ruolo fondamentale per i consumi, ma porta con sé prerogative assai importanti anche per la competizione tra le imprese.
Si sa che la concorrenza è la garanzia più importante che il consumatore possa avere per cercare di ottenere prodotti qualitativamente sempre migliori ai giusti prezzi.
Ma, dal lato delle imprese, la concorrenza non è vista di buon grado. Gli imprenditori legati a vecchi schemi non sono ancora in grado di percepire i competitori come una possibilità di miglioramento, come uno stimolo a creare prodotti sempre superiori.
Non sempre quindi i rapporti tra le imprese sono leali; in alcuni casi taluni comportamenti possono sfociare in scorrettezze nei confronti dei concorrenti.
Succede che chi possiede una quota di mercato rilevante possa abusare di tale posizione, come pure che un gruppo di imprese già presenti sul mercato tenda a stabilire accordi più o meno taciti, in modo da impedire a possibili nuovi concorrenti l’entrata nel settore.
In questo ambito i ribassi di prezzo a fini predatori (con i cosiddetti prezzi predatori) si concretizzano con la vendita di prodotti a prezzi inferiori ai costi per un lasso di tempo più o meno lungo e con un successivo innalzamento degli stessi, ben al di sopra dei costi, quando le imprese concorrenti sono state costrette ad abbandonare il mercato. Comportamento questo alquanto scorretto, fonte di parecchie dispute in ambito antitrust.

Un possibile profilo di prezzo etico
Da un punto di vista etico si ritiene che il prezzo di un qualsivoglia prodotto non debba innanzi tutto generare extraprofitti per le imprese, determinati da mark-up eccessivi, non giustificabili con i costi reali del prodotto. Inoltre risulta non etica la strategia di discriminazione o differenzazione di prezzo di un identico bene o servizio, soprattutto se attuata nei confronti di un consumatore posto in situazioni di emergenza o di palese svantaggio informativo.
Un secondo e più vasto ambito di problematiche etiche riguardanti il prezzo è quello relativo alla sua indicazione e comunicazione.
Se, per esempio, una moderata strategia di persuasione delle imprese tramite l’utilizzo di prezzi psicologici (tra i quali i prezzi dispari, i prezzi civetta, i prezzi sottocosto) può esser considerata ammissibile, un suo uso indiscriminato risulta senz'altro inaccettabile. Così come una manipolazione della realtà, tramite l'offerta di sconti fittizi, pubblicizzati come assolutamente imperdibili, assume un carattere moralmente condannabile; situazione questa ancor più deprecabile se attuata su beni e servizi destinati a settori della popolazione più vulnerabili quali i bambini o gli anziani.
Un “prezzo etico", inoltre, dovrebbe portare con sé la connotazione di trasparenza, che si rispecchia nella completezza delle indicazioni e delle informazioni relative alla qualità e al valore delle merci.
Data infine la forte relazione che il consumatore è portato ad attribuire al rapporto tra prezzo e qualità del prodotto, è altresì assolutamente necessario che questi due parametri siano attentamente tenuti sotto controllo (eventualmente anche con l’aiuto della legge) al fine di non indurre le imprese ad utilizzare il prezzo solo come puro strumento di comunicazione, senza prendere nella dovuta considerazione la qualità intrinseca del prodotto.
In tema di concorrenza, soprattutto per le imprese in posizione dominante, il prezzo non dovrebbe possedere la caratteristica di “predatorietà”, cioè risultare particolarmente basso, o addirittura sottocosto, in modo da costringere i concorrenti ad abbandonare il mercato, né altresì assumere caratteri collusivi, risultando generato da una fissazione autonoma e non allineata.
In estrema ratio, quindi, pur nella difficoltà di stabilire una definizione precisa di prezzo etico, si ritiene che esso debba essere rappresentato da un importo che renda possibile all’impresa la creazione di valore, contenendo, nei confronti del consumatore, connotazioni di equità, di non “manipolatezza”, di trasparenza e di giusto rapporto con la qualità del prodotto e, nei confronti delle imprese concorrenti, caratteristiche non collusive e non predatorie.
Il prezzo, per concludere, dovrebbe quindi contenere tutti quei presupposti etici in grado di generare una concorrenza vera, senza creare discriminazioni tra le imprese e tra queste ultime ed i consumatori.